Il ministro dello Sport Andrea Abodi sul ritorno in Italia di Jakub Jankto, 27enne ceco prossimo alla firma con Cagliari e che pochi mesi fa ha dichiarato la sua omosessualità, ha commentato: ”Se devo essere sincero non amo, in generale, le ostentazioni, ma le scelte individuali vanno rispettate per come vengono prese e per quelle che sono. La società probabilmente, in generale, ancora qualche passo in avanti può farlo. Per quanto mi riguarda è prima di tutto una persona e secondo è un atleta. Non faccio differenze di caratteristiche che riguardano la sfera delle scelte personali” e in successive precisazioni, aggiunge il Ministro: “A esser corretti ho risposto dicendo: per me esistono le persone. Ho parlato di rispetto per le scelte e, aggiungo con convinzione e per correttezza, per la natura umana. Rispetto è un valore non equivocabile, da garantire. Poi, posso non condividere alcune espressioni del Pride”.
Caro Ministro Adobi, innanzitutto l’omosessualità, come ogni altro orientamento sessuale, non è una libera scelta, e il solo parlare di “scelta” implica un atteggiamento giudicante e colpevolizzante. La scienza da anni ci dice che l’orientamento sessuale o l’identità di genere non sono mai una scelta, ma una condizione precisa e variabile di ciascun individuo e legata a una dimensione complessa dell’essere umano e della propria identità sessuale.
Il mondo dello sport da anni, a livello nazionale e internazionale, si interroga su come poter superare, formalmente e culturalmente, ogni forma di discriminazione, tra queste le odiose e insopportabili intolleranze e violenze razziali, misogine, omofobiche e transfobiche che, non di rado, colpiscono lo sport italiano e non solo.
Tanto è stato fatto, anche grazie alla costante azione culturale delle nostre associazioni, ma, come ricorda lei, tanto bisogna fare ancora, visto che i coming out nel mondo dello sport, professionista e non, si contano sulle dita di poche mani. Il non vivere serenamente un aspetto fondamentale dell’identità di ciascuno di noi, il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere, genera una enorme sofferenza per tantissimi atleti e atlete, professionisti e non, che purtroppo non riescono ad essere sé stessi nella pratica sportiva. Purtroppo le conseguenze sono devastanti dai continui episodi di discriminazione, bullismo e violenza ai non pochi dolorosissimi abbandoni. Lo sport è altro, è integrazione, inclusione, fratellanza e sorellanza, non può essere campo di conquiste ideologiche e non può divenire strumento di propaganda politica. Per questo promuova con gioia e partecipazione il coming-out nello sport, come quello meraviglioso di Jakub, come strumento di benessere e felicità.
Per quanto riguarda il Pride, consigliamo caro ministro, di provare a liberarsi dai pregiudizi e di partecipare con noi a un Pride per capirne la forza del grande messaggio d’amore e di pace, si renderà conto immediatamente che il Pride ha in se tutti i valori fondamentali dello sport: la pace, la solidarietà tra le genti, l’eguaglianza e la libertà, e che i colori e le manifestazioni di gioia di un Pride non sono altro che la voce di chi ogni giorno prova a rompere quei pregiudizi che soffocano le nostre vite e la nostra felicità.
Gli atleti e e atlete dei Pochos Napoli ASD
in foto i Pochos Napoli, con il Sindaco Manfredi e la madrina Anna Tatangelo, al Napoli Pride dello scorso 1 luglio